Guarigione ferita: cosa (nonostante tutto) rivela la vaccinazione

Al 1° ottobre 2021, il 79,7% degli spagnoli era già stato vaccinato con almeno una dose di uno dei vaccini autorizzati dalle autorità sanitarie spagnole – Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Janssen – contro il covid-19; Il 77,5% aveva già ricevuto la linea guida completa. Se il ritmo rimane lo stesso per la sanità pubblica, le stime fanno del giorno successivo all'11 novembre la data in cui, in linea di principio, il 80% vaccinato per l'intero territorio nazionale, anche se sei Comunità Autonome – Paesi Baschi, Cantabria, Castiglia e León, Estremadura, Galizia e Asturie – hanno già raggiunto questo obiettivo. All'estremo opposto, le Isole Canarie, le Isole Baleari e Melilla potrebbero avere ancora due o tre mesi prima di raggiungere questa soglia.

Nonostante queste differenze e un avvio poco promettente alla vaccinazione (il confronto con Regno Unito e Israele nel primo trimestre del 2021 era allora fonte di imbarazzo), i dati oggi collocano il nostro Paese davanti alle nazioni di riferimento nel nostro ambiente: l Italia, Germania o la Francia. .

Secondo i dati dell'Imperial College di Londra, il 79% degli spagnoli si fida dei vaccini covid-19

Una molteplicità di fattori ha contribuito a questo successo. Tra questi ci sono senza dubbio gabinetto, la cui professionalità e il cui impegno sembrano non avere dubbi. Il trionfo, però, deriva anche dal carattere culturale: la Spagna è una nazione che non teme i vaccini; Al contrario, il ricordo di un'epoca non così lontana in cui questi erano rari può aver stimolato la fiducia generale in questo percorso di prevenzione delle malattie. Secondo i dati dell'Imperial College di Londra, il 79% degli spagnoli si fida dei vaccini covid-19. Un dato significativo rispetto al 62% degli americani e, ad esempio, al 56% dei francesi.

Infatti, non solo i vaccini sono ben accolti nel nostro Paese: c'è anche un'ottima percezione della qualità del salute pubblicache ha portato gli spagnoli a fidarsi in maniera prepotente – e quasi cieca – della soluzione che il sistema sanitario ha offerto sotto forma di forature.

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Una costante sfilata di percentuali ha guidato la campagna di vaccinazione dal suo lancio il 27 dicembre 2020; a volte con spirito informativo e, altre, come pretesto per poter appendere medaglie davanti all'opinione pubblica (o anche per attaccare l'avversario politico).

Pedro Sánchez, ad esempio, si è posto l'obiettivo di arrivare al 31 agosto 2021 con il 70% della popolazione vaccinata prima dell'estate. A quel tempo, questa cifra era considerata segnare il limite per raggiungere la tanto attesa immunità di gregge, anche se la variante Delta ha imposto un ricalcolo verso l'alto - con il 90% - di queste percentuali. Ad ogni modo, la verità è che le previsioni presidenziali si sono avverate e oggi, negazionisti a parte, la percentuale della popolazione sotto i 12 anni - l'attuale limite di età per ricevere le iniezioni - non vaccinato è residuo In Spagna.

Sebbene la responsabilità ultima della sanità spetti al governo centrale, le autonomie hanno poteri di esecuzione, amministrazione e gestione

L'obiettivo delle autorità, fin dal primo momento, è stato quello di vaccinare la più alta percentuale di popolazione nel minor tempo possibile; era, come notato, il modo più diretto per fermare le morti. I vaccini sono stati l'ancora di salvezza per fermare la diffusione del virus e, di fatto, lo sono stati: le iniezioni hanno un chiaro effetto sulla diminuzione della mortalità. E mentre durante l'estate la variante Delta ha portato una quinta ondata che ha spinto verso l'alto i contagi e sconvolto la tabella di marcia delle autorità sanitarie, la gravità dei casi e la mortalità hanno continuato a diminuire con l'avanzare della campagna vaccinale.

Successo nonostante la politica

Il successo della campagna vaccinale, operazione di prima grandezza e di enorme complessità, sia dal punto di vista logistico che sanitario, è ancora più sorprendente se si tiene conto della sintonia -apparentemente- nulla con cui certe amministrazioni di segno diverso si rivolgevano l'un l'altro. Dopotutto, non dobbiamo dimenticare che, sebbene la responsabilità ultima della politica sanitaria in Spagna spetti al governo centrale, Las autonomia hanno altresì conferito tali poteri di esecuzione, amministrazione e gestione.

Il cosiddetto “Gruppo Covid-19”, creato per il “coordinamento della pandemia” da Pedro Sánchez e dalla presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz-Ayuso, è stato il miglior esempio di un esasperante malinteso in cui l'attraversamento di maleducazione, rimproveri e accuse reciproche era la tendenza generale. Visti i buoni risultati finalmente ottenuti, viene da chiedersi cosa non avrebbero ottenuto se, come sembrava desiderare la stragrande maggioranza dei cittadini, l'establishment politico avesse remato nella stessa direzione. Anche se è anche lecito chiedersi se forse questi dissapori siano stati lasciati solo alle conferenze stampa e, a porte chiuse, in buona fede oa malincuore, abbiano collaborato.

In molti ora si chiedono se il successo della campagna vaccinale non sia un ottimo punto di partenza per riparare la sanità spagnola e trasformarla risorse, investimenti e modernizzazione che molte voci affermano. Tuttavia, i precedenti relativi all'approccio politico alla questione non invitano all'ottimismo. Finché la polarizzazione aiuta a mantenere idee quasi antagoniste su ciò che dovrebbe essere la salute pubblica, la soluzione continuerà a sembrare terribilmente distante.

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