Freire e gli oppressi: l'educazione insegna a essere liberi?
“Nessuno ha la libertà di essere libero, ma non essendo libero, lotta per ottenere la sua libertà. Nel 1970 pubblicò il pedagogo e psicologo brasiliano Paulo Freire pedagogia degli oppressi, la sua opera più famosa, fondamentale nella concezione contemporanea dell'educazione. Questa filosofia pedagogica, che continua ad avere una grande influenza in America Latina, si è fatta sentire nel resto del mondo: rivoluzionaria in più di un modo, Freire osa sottolineare che l'educazione non è qualcosa di isolato dalla società in cui prende luogo, si sviluppa, ma riproduce gli stessi rapporti di potere che esistono al suo interno. Ma, soprattutto, Freire difende che devono essere rovesciati e gli oppressi cessano di essere oppressi.
pedagogia degli oppressi È un libro anche molto influenzato dal suo momento storico e dalla vita dell'autore. Freire è nato nel 1921 a Recife (Brasile) e durante la sua infanzia ha vissuto la fame e la povertà derivate dalla fessura 29 anni. Era un impiegato statale, insegnante e ha aperto la strada all'educazione degli adulti tra i coltivatori di canna da zucchero brasiliani negli anni '50. Esiliato dalla dittatura militare del suo paese, ha lavorato in Cile per la democrazia cristiana nella riforma agraria e in diversi progetti di alfabetizzazione, progetti che lo hanno portato a diventare visiting professor all'Università di Harvard.
Freire sfida il modello dell'educatore al di sopra dei suoi studenti, che il sistema tratta come ignoranti
Tutte queste esperienze, insieme alla sua formazione e alle sue convinzioni cristiane, si riflettono nella sua "pedagogia della liberazione", che ricorda come in molti Paesi dell'epoca, quando i colpi di stato militari devastarono il continente, l'educazione fosse solo una riproduzione dei valori della classe dirigente per convincere gli oppressi a non mettere in discussione il sistema. “Tale è la concezione 'bancaria' dell'istruzione che l'unico margine di manovra a disposizione degli studenti è quello di ricevere depositi, salvarli e archiviarli”, scrive Freire nelle sue pagine. Così, mette in evidenza anche le dinamiche del neocolonialismo, con esempi di come la cultura e i costumi degli Stati Uniti avevano già permeato la regione in quel momento, imponendo determinati valori a ciò che lui stesso considerava una “invasione culturale” le proposte unilaterali che non consentono la penetrazione di espressioni alternative.
L'alternativa che Freire propone - oggi pienamente attuale - è un'educazione che non sia concepita come una soluzione a tutti i problemi ma nemmeno come un semplice strumento adattabile dal potere dominante - sia esso un governo militare o il mercato. Freire ha difeso in tutta la sua opera un'educazione basata sul contrasto tra i diversi dove la stessa pedagogia rifugge ogni tipo di imposizione, sfida il modello dominante di educatore sopra i suoi allievi, che sono trattati come completamente ignoranti.
Non basta insegnare a qualcuno a leggere o scrivere, devi anche aiutarlo a generare la propria visione attraverso questi strumenti
Quella che Freire propone è un'educazione che prenda coscienza del proprio ruolo di meccanismo, cioè che metta nelle mani di chi educa gli strumenti per analizzarlo. Non si tratta tanto di promuovere una rivoluzione violenta quanto di una ribellione analitica: gli oppressi hanno bisogno di vedere i meccanismi della propria oppressione poterli combattere. Se si permette ai valori dell'oppressore di entrare nell'istruzione, tutto andrà perduto.
Dell'opera di Freire rimane valido anche il suo impegno per una società umanista capace di mettere in discussione il rispetto per gli altri, ma anche la sua analisi dell'oppressione come insieme ideologico. L'alfabetizzazione critica in cui il pedagogo lavorava in Brasile o in Cile lo proponeva non bastava insegnare a qualcuno a leggere oa scrivere, ma era anche necessario aiutarlo a generare la propria visione del mondo attraverso questi strumenti. Un'idea che assume tutto il suo significato nell'era della digitalizzazione: non basta saper scaricare un applicazione oppure registrati per caricare un video su un social network per imparare a "leggere" quelle reti, nello stesso modo in cui dichiarare le tasse non implica conoscere l'economia. Questo "noi" critico a cui Freire aspirava era quello degli oppressi che cessavano di essere oppressi formandosi dalla consapevolezza dei propri limiti.