Campiti, l'assassino di Fidene ha preso il reddito di cittadinanza
Roma - L'assassino di Fidene non aveva saldato i debiti che aveva con la cordata Valleverde di cui faceva parte da anni, ma percepiva il reddito di cittadinanza fino a settembre 2021. A parte questi redditi, Claudio Campiti aveva probabilmente racimolato il gruzzolo di 6.300 euro in contanti di cui avrebbe avuto bisogno per la sua fuga all'estero dopo la sparatoria di domenica scorsa nel dehor del bar 'Il posto posto'. La novità nasce alla vigilia della convalida del fermo a suo carico, prevista per domani, con contestuale interrogatorio di garanzia davanti al gip. Il 57enne è accusato di tre omicidi e tre tentati omicidi, aggravati da premeditazione e futili motivi.
“Accidenti mi hai lasciato senz'acqua per sei anni”, ha gridato Campiti dopo essere stato disarmato. Ma di fatto aveva i soldi per pagare le utenze, così come aveva le risorse finanziarie per pagare l'abbonamento nazionale di platino per il tiro a segno a Roma (ora sequestrato), dove si procurava la Glock 45 con cui sparava ai presenti. all'assemblea condominiale. La stessa presidente del consorzio, Bruna Marelli, ferita nella sparatoria, lo fa mettere nero su bianco dai carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci: "L'ultima condanna a pagare nei suoi confronti è stata di 1.700 euro". Non si sa perché questa rendita pubblica gli sia stata tolta.
Intanto emergono dettagli inquietanti sulla sparatoria nel bar. "La prima ad essere colpita e uccisa è stata Sabina Sperandio, poi Nicoletta Golisano". Nelle fasi successive, Claudio Campiti uccide ancora, ed è il turno di Nicoletta Silenzi. La ricostruzione degli omicidi di Fidene è contenuta nel decreto di fermo della Procura di Roma per triplice omicidio e triplo tentato omicidio nei confronti del 57enne di Ascrea. L'uomo, alla guida della sua Ford Ka, è arrivato domenica mattina intorno alle 9.30 in via Colle Giberto dove si stava svolgendo l'assemblea condominiale del consorzio Valleverde. Mezz'ora prima si era recato al poligono di Tor di Quinto dove si era iscritto e "ha espressamente richiesto una Glock calibro 45 che aveva già utilizzato in passato" al poligono di tiro, ma "non si è visto sul linea di fuoco". Questa è una testimonianza riportata nel decreto. Campiti, infatti, non aveva intenzione di sparare a bersagli di carta.
Quando è entrato nel gazebo del bar Il Posto Giusto e ha chiuso la porta, aveva in mano una pistola, un secondo caricatore da 13 colpi, altri 155 colpi, un coltello a serramanico e un pugnale da sub da 28 centimetri. Si è avvicinato "al tavolo dove era seduto il consiglio di amministrazione e dopo aver pronunciato la frase 'vi ucciderò tutti', ha subito iniziato a sparare". Campiti sapeva farlo bene. “Trenta tiri in porta su 30 tirati” è il miglior risultato ottenuto al poligono di Tor Vergata. Domenica mattina ha confermato la sua infallibilità sparando sei colpi, mettendoli tutti a segno in maniera spettacolare. Dopo le tre vittime, ha sparato ancora, ferendo la presidente del consorzio Bruna Marelli e Fabiana De Angelis. “In quel momento Silvio Paganini si è lanciato contro Campiti nel tentativo di disarmarlo, ma quest'ultimo ha girato il polso verso di lui e ha sparato altri colpi ferendolo al volto. Nonostante ciò, Paganini riuscì a buttare a terra Campiti, per cui intervennero altre persone presenti, riuscendo a bloccarlo e disarmarlo”.
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