Agenda 2030: il tempo non passa

Conto Ortega y Gasset su Lo spettatore che a metà del secolo scorso, in una notte che aveva coperto Madrid di freddo e di neve, qualcuno parlò alla sua assemblea in un noto caffè. Quando il protagonista della storia, tremante e fradicio, raggiunse la tavola attorno alla quale erano riuniti gli ospiti, mentre si toglieva la neve dal cappello e dal cappotto, dichiarò: “Buonanotte… teoricamente”. E Ortega conclude che è così che gli spagnoli sembrano intendere la teoria: come ciò che è in assoluta contraddizione con la realtà.

In parte è successo due decenni fa con le cosiddette politiche delle risorse umane e in parte sta accadendo oggi, e da alcuni anni, intorno alle politiche di sostenibilità, responsabilità sociale e di quella che oggi viene chiamata ESG: tutti ne parlano e della loro importanza, ma pochi ci credono e ancora meno li praticano. Nemmeno i governi che, dall'approvazione degli SDGs e dell'Agenda 2030, hanno deciso che devono guidare la promozione di queste politiche ed essere i campioni della loro attuazione. Naturalmente nulla di tutto ciò è accaduto e, con pochissime eccezioni, possiamo dire di essere dove eravamo. La ragione prevale e il buon senso impone: il famigerato mancato rispetto degli SDGs sarà una realtà entro la sua scadenza, il 2030.

Non c'è dubbio che la sostenibilità sia di moda; tanto che i guru che si esprimono in materia nascono, crescono e si moltiplicano, compaiono pubblicazioni specializzate – in genere poche critiche di questo mondo – e vengono programmati settimanalmente seminari, incontri o convegni a cui quasi sempre partecipano (noi partecipiamo) lo stesso per “scoprire” i benefici della responsabilità sociale, l'importanza degli SDGs, ESG e il glorioso futuro che attende aziende e istituzioni se li rispettano – e quanto soffriranno se non lo faranno, condannati al fuoco dell'inferno e oscuro oblio.

"Dovremmo poterci godere la 'moda' della sostenibilità senza preoccuparci e ostentare troppo"

In questi forum, come se fosse un raduno politico, ci sono quasi sempre dei “convinti”, cioè responsabili della sostenibilità in enti o persone legate al tema, regolarmente riuniti per parlare delle cose buone che sta facendo la loro azienda e del grande esempio che hanno dato. Non stiamo parlando di ciò che è sbagliato o di ciò che è normale. In rare occasioni, infatti, vediamo leader aziendali partecipare a questi forum che, sicuramente, sono lì per altro: per parlare o scrivere di sviluppo sostenibile come obiettivo principale delle istituzioni - aziende e non - o per elogiare il fattore umano, ricordando il celebre romanzo di spionaggio scritto da Graham Greene ed evidenziando il legame tra i manager incentivi per il raggiungimento degli obiettivi ESG.

In tempi di crisi, incertezza e globalizzazione, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione alla mistica degli esseri umani. Non è solo una parte della teologia che si occupa della vita spirituale, è qualcosa della ragione nascosta di molti aspetti della vita. Aldous Huxley diceva che “un mondo dove il misticismo non esistesse sarebbe un mondo totalmente cieco, un mondo di pazzi”. Il misticismo, oltre alla religione, ha riempito molti aspetti della nostra vita, come l'arte, la letteratura, la scienza e – perché no? - durata.

Parliamo di una mistica umanista; ovvero l'impegno delle stesse aziende e istituzioni con le persone. La mistica è uno stato vitale e, quando si parla di sostenibilità, è anche un modo di sentire e di fare, coinvolgendo uomini e donne – qualunque sia la loro posizione – in un progetto comune, senza distrazioni o false promesse. Insomma, coltivare la dimensione umana in azienda. La vita, diceva Borges, è piena di momenti, e oggi dovremmo poter godere della “moda” della sostenibilità senza preoccuparci e senza troppe pretese, facendo autocritica e ponendo le basi per apprendere e sviluppare un modo di fare e sensazione. E l'Università deve contribuire a far sì che ciò avvenga senza intoppi, poco a poco.

In La Società dell'Ignoranza (Gutenberg Galaxy), il filosofo Daniel Innerarity sostiene che “ignoriamo molte cose – e alcune di esse sono molto rilevanti – perché stanno emergendo prima che esplodano. Se a tutto questo aggiungiamo una permanente distrazione collettiva nell'immediato e poca attenzione a ciò che è latente, possiamo star certi che gli sviluppi continueranno a sorprenderci».

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