The Good Life, di Victoria Camps: Etica
Illustrazione
Carla Lucena
Interrogarsi sul significato della felicità equivale a chiedersi come vivere. La felicità è una ricerca lungo tutta la vita di ognuno. La sfortuna è l'abbandono della ricerca, del desiderio di continuare a vivere. Più che un obiettivo da raggiungere, è uno stato d'animo, il desiderio di una vita piena e di successo.
Nessuno ha mai dubitato che la felicità sia la cosa più richiesta e universale dall'esistenza dell'umanità. Né c'è molto bisogno di spiegare che al di là di questo desiderio indiscutibile, sappiamo poco del contenuto della felicità: come si realizza, in cosa consiste, cosa lo rende reale e duraturo. Siamo totalmente d'accordo che questo è un obiettivo irraggiungibile e improbabile. Né mi sembra corretto ridurla all'esperienza di pochi momenti di soddisfazione che tutti sperimentano con relativa frequenza. Alcuni filosofi l'hanno definito il fine proprio della vita umana, ma nessuno ha considerato la funzione della filosofia occuparsi di determinare cosa significhi essere felici. Al contrario, dopo aver chiarito la rilevanza dello sforzo, i pensatori si sono concentrati nell'esporre sui limiti di chi aspira ad essere felice, o sulle incomprensioni di una falsa idea di felicità, unica causa di delusione e frustrazione. se dato per scontato senza ulteriori analisi.
“La felicità è la ricerca della vita migliore alla nostra portata”
La lezione da trarre dall'insegnamento dei filosofi è che la felicità è sì il bene più grande, ma un bene che richiede fatica, pazienza, perseveranza e tempo. Per questo dobbiamo insistere sul fatto che la felicità è soprattutto una ricerca. Non è un compito facile né è una specie di destino che ci attende e inevitabilmente arriverà. È più vicino a un modo di vivere, a un atteggiamento nei confronti di ciò che ci accade, a un modo particolare di vedere la realtà e di vedere noi stessi, qualcosa che non si dà per magia, ma si costruisce con determinazione e tenacia. La felicità è la ricerca della vita migliore alla nostra portata.
Per questo la felicità è sempre stata legata all'etica, nel senso di coloro che hanno coniato la parola, i filosofi greci. Hanno insegnato che dalla fine della vita umana, il meglio che ci si può aspettare da questa vita è essere felici, tutti dovranno lavorare sodo per costruire un ethos, un modo di essere, un carattere che la dispone e la aiuta a vivere bene. Legare la felicità all'etica significa che risiede nel carattere o nella personalità di ciascuno, piuttosto che in un codice o in un elenco di regole da rispettare. Una personalità, però, con la quale non si nasce, ma che si coltiva e si coltiva per tutta la vita.
Che parlare di felicità sia la stessa cosa che parlare di etica o della bella vita potrebbe sorprenderti all'inizio. Tanto più quando si comprende che la vita buona è legata a norme, doveri, obblighi e stili di vita poco attraenti, in contrasto con il significato più intuitivo della vita felice. Tuttavia, ogni volta che ho parlato pubblicamente della difficoltà di motivare le persone sulla base di valori etici e non solo valori strumentali come il denaro, ho incontrato risposte da parte di chi sostiene che la buona pratica, nell'ambito cioè, porta in sé la propria soddisfazione. Non ci vogliono molte ragioni per dimostrarlo la bella vita è più preziosa della bella vita, sebbene quest'ultima sia un'opzione più desiderabile della prima. La soddisfazione di aver fatto bene ea vantaggio non solo di se stessi è, per molti, motivo sufficiente per promuovere uno stile di vita più orientato a fini etici che a interessi privati e parziali. L'essere umano non è solo egoista, ha bisogno degli altri e ama la convivenza pacifica. Non c'è traccia di felicità possibile se si insiste a chiudere gli occhi davanti a questa ovvia verità.
Estratto dal libro 'The Search for Happiness', di Victoria Camps (Arpa Editores).